venerdì 26 dicembre 2014

Appunti “pindarici” su ILVA Spa



Luca Marotta


Dal programma di riordino IRI, presentato il 19 novembre 1992, dal Presidente AMATO, è possibile reperire alcuni dati relativi al 1991 e alle previsioni per il 1992 dell’ ILVA.
ILVA Spa evidenziava le seguenti cifre in miliardi di Lire:


1991
Previsioni 1992
Fatturato
10.608,5
10.207,0
Margine Operativo Lordo
1313,9
959,1
Ammortamenti
641,2
825,4
Proventi e Oneri Finanziari
-847,1
-861,7
Risultato Operativo Ordinario
-174,4
-728,0
Risultato Netto
-498,8
-320,0
Mezzi Propri + Interessenze di terzi
2972,8
2526,4
Posizione Finanziaria Netta
-6338,4
-6209,1
Numero dipendenti
50.244
n.d.


Secondo la pubblicazione:  “LE PRIVATIZZAZIONI IN ITALIA DAL 1992” che era lo STUDIO PREDISPOSTO AI FINI DELLINDAGINE CONOSCITIVA SULLA COMPETITIVITÀ DEL SISTEMA PAESE DI FRONTE ALLE SFIDE DELLA MONETA UNICA E DELLA GLOBALIZZAZIONE DELLECONOMIA CONDOTTA DALLA COMMISSIONE BILANCIO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, la privatizzazione di ILVA Laminati Piani, avvenuta nel 1995, ha permesso di incassare 2.332 miliardi di Lire con il trasferimento del debito per 1.500 miliardi di Lire.

La Società Italsider / Ilva determinava un indebitamento indotto dalla società prima della cessione pari a 17.408 miliardi di Lire e la cessione aveva permesso di ridurre il Debito residuo indotto negli enti di gestione a 15.385 miliardi di Lire. Mentre la centrale ISE non determinava un indebitamento indotto.

Sempre dallo stesso studio emerge che la Ilva Laminati Piani (ora Ilva), è stata rilevata dalla Rilp S.r.l., della Finanziaria Acciai S.r.l. (Gruppo Riva) per il 57,1% e per il residuo da banche creditrici del Gruppo ILP (20-25% circa) ed altri soci. Nel 1996 le banche hanno ceduto le proprie quote ad altri azionisti della stessa compagine azionaria. In seguito, il Gruppo Riva Acciaio ha portato la propria quota a circa l’80% del capitale. Il Gruppo Riva aveva rilevato dall’Ilva la Acciaierie di Cornigliano nel 1988. Con l’acquisizione di ILVA, il Gruppo Riva è potuto diventare il principale produttore italiano di ghisa e acciaio grezzo.
Nel mercato europeo dei prodotti piani la posizione non è mutata, essendo rimasta intorno all’11%, ma la posizione in Italia è diminuita dal 50% nel 1995 al 42% nel 1999.

“La privatizzazione non si è tradotta in innovazioni tecnologiche o di prodotto di particolare rilievo.

Il complesso di Taranto ha registrato un’iniziale riduzione del volume degli investimenti (anni 1995 e 1996)”. E ciò che si è investito era frutto di un programma di spesa realizzato dall’Ilva in anni precedenti. In seguito si è verificato un crescente intervento della nuova proprietà volto a completare ed ammodernare le strutture esistenti allo scopo di allinearle a quelle dei principali competitori internazionali.

La realizzazione della centrale elettrica ISE, ha consentito di valorizzare gas residui riducendo inoltre il costo di approvvigionamento dell’energia elettrica consumata. Gli impianti dell’Ilva, ancorché tecnologicamente adeguati, comportavano tuttavia un posizionamento della società nella fascia bassa del mercato, dove la forte competizione da parte di produttori esteri (specialmente quelli dell’Est europeo) la esponeva a forti perdite nei cicli congiunturali negativi.

I programmi avviati nel 1998 tendono a modificare sostanzialmente la struttura produttiva aumentando il tasso di rilavorazione interna dei coils, che era inferiore di circa un quarto rispetto ai principali concorrenti europei, ponendo una maggiore enfasi sulla verticalizzazione della produzione verso i prodotti rivestiti che sono tra quelli a maggior valore aggiunto.
Altro obiettivo dell’acquirente era quello della riorganizzazione allo scopo di ridurre la dispersione dei siti sul territorio, che comportava un’incidenza delle spese di trasporto e logistiche pari al 10-15% del costo totale dei prodotti, e favorire un maggior tasso di utilizzo della capacità produttiva di Taranto, che era del 70%.
Il piano di investimenti nel periodo 1998-2002 prevedeva una spesa intorno ai 1.700 miliardi di lire.

Inoltre, la gestione privata dell’Ilva si proponeva attraverso una continua ricerca di economie nei costi di gestione di eliminare le inefficienze ereditate dalla precedente azienda pubblica, che l’impresa aveva dichiarato particolarmente pesanti.

Secondo il Libro Bianco sulle privatizzazioni, pubblicato da MINISTERO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, nell’aprile 2001, la privatizzazione di ILVA Laminati piani, avvenuta nel 1995, ha permesso di incassare 2.514 miliardi di Lire pari a circa 1,3 miliardi di Euro.

Dai dati resi noti dall’Audizione del Presidente dell’ ILVA S.p.A. Dr. Bruno Ferrante alla Commissione lavoro, previdenza sociale Senato della Repubblica si è saputo che ILVA Spa ha investito 6,1 miliardi di Euro, di cui ben 4.551.426.000 Euro a Taranto.
L’importo degli investimenti destinati all’ambiente è stato di Euro 1.101.299.000


Tabella tratta da: Audizione del Presidente dell’ ILVA S.p.A. Dr. Bruno Ferrante alla Commissione lavoro, previdenza sociale Senato della Repubblica

Sempre in base ai dati forniti nell’Audizione: “Nel 2011, il contributo dello stabilimento di Taranto alla formazione del valore generato dall’Ilva S.p.A. è stato pari all’88,4%.
Il fatturato consolidato da Ilva S.p.A., nel 2011, è stato pari a 6.036,84 milioni di euro, in ripresa, rispetto al 2010 e al 2009, rispettivamente del 26,7 % e del 70,4%, rimanendo però ancora al di sotto del fatturato del 2008 (- 13,2 %).
Una redditività netta complessiva pari a 1,4 miliardi di euro, interamente mantenuta all'interno dell'azienda.
Il valore della produzione realizzato da Ilva S.p.A., nel 2011, è stato pari a 6.342,84 milioni di euro, in ripresa del +21,0 % rispetto al 2010 e del 97,5% rispetto al 2009, ma ancora al di sotto (- 10,8 %) rispetto al 2008. I valori in calo sono da ricondursi principalmente all’impatto della crisi economica mondiale che, iniziata già nella seconda metà del 2008, si è venuta a manifestare in tutti i suoi effetti, e con particolare virulenza per il settore siderurgico, nel 2009 ed ancora nel 2010.
I costi industriali, riconducibili principalmente ai costi per le materie prime, energia e servizi, nel 2011 sono fortemente aumentati (rispettivamente + 30,7 % rispetto al 2010 e + 101,7 % rispetto al 2009). A questo forte aumento dei costi hanno soprattutto contribuito le materie prime (minerali di ferro, carboni e ferroleghe fra tutti) con un + 41,2 % rispetto al 2010 e + 156,3% rispetto al 2009, conseguenti, in particolare, ad una impennata dei prezzi.

Secondo un’analisi de Il Sole 24 Ore (“Ilva, utili per 1,4 miliardi 1,1 investiti per l'ambiente” di Matteo Meneghello del 10 ottobre 2012, link: http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2012-10-10/ilva-utili-miliardi-investiti-064251.shtml?uuid=AbEHpArG) dai dati di bilancio emergeva la capacità dell'Ilva di generare ricchezza. Durante la gestione Riva ci sono stati periodi bui (soprattutto quelli più recenti), ma anche cicli di grande crescita. “I numeri dicono che nonostante le note difficoltà vissute dal mercato siderurgico negli ultimi tre anni (durante i quali l'azienda di Taranto ha perso 1,1 miliardi di euro), la gestione industriale ha prodotto, durante gli anni della famiglia Riva, un reddito pari a 2,1 miliardi di euro: la redditività netta complessiva, dal 1995 al 2011, è stata in particolare pari a 1,4 miliardi di euro, nonostante negli ultimi tre anni sia risultata negativa per 446 milioni di euro.”

L’analisi de Il Sole 24 Ore confermerebbe che “l'Ilva abbia effettuato investimenti in immobilizzazioni materiali (terreni e fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali e altri beni) per 6,1 miliardi”. La quasi totalità, pari al 90% di questi investimenti, deriva da autofinanziamento. L’autofinanziamento è determinato dagli utili reinvestiti (circa 1,4 miliardi di euro) e dagli ammortamenti (circa 4,1 miliardi). Per l’importo di circa 620 milioni di euro,si è ricorso all’indebitamento infragruppo e bancario.

Anche l’analisi dei dati de Il Sole 24 Ore confermerebbe che nello stabilimento di Taranto sono stati investiti, durante la gestione Riva, circa 4,6 miliardi di Euro sui 6,1 miliardi di euro complessivi e la somma destinata alla salvaguardia ambientale ammonterebbe a 1,1 miliardi di euro.
L’ultimo passaggio coincide con quello affermato nell’audizione da Ferrante.

Durante la Gestione Riva, dal punto di vista finanziario e patrimoniale, si è registrato quanto segue:
- aumento dei mezzi propri,(il patrimonio netto si è quadruplicato, aumentato dai 621 milioni di euro del 1995 ai 2,4 miliardi del 2011);
- incremento dei debiti finanziari, che nel 2011 erano pari a 2,9 miliardi contro i 379 milioni dell’inizio della gestione.

I debiti finanziari sono aumentati soprattutto nel quadriennio 2008-2011, da 1,8 a 2,9 miliardi di euro, “a causa della riduzione dei flussi di cassa provocata dai risultati negativi della gestione industriale (per circa 805 milioni). La contrazione del cash flow ha rallentato così gli investimenti in immobilizzazioni materiali, quasi dimezzati rispetto al triennio precedente”.

Il Bilancio 2011.

Come scritto dagli Amministratori nella Relazione sulla Gestione l’esercizio 2011 di ILVA SPA i risultati di bilancio vanno inquadrati nel contesto economico generale che non è stato favorevole a causa della “particolare e svantaggiosa situazione italiana dei costi di alcuni servizi che continuano a registrare tariffe superiori rispetto ai principali “competitors” europei; del perdurare degli effetti economici derivanti dalla crisi finanziaria iniziata nel 2008 negli USA ed estesasi al mondo intero, con ripercussioni su tutto il sistema produttivo; della stagnazione della domanda interna di acciaio e di  una ripresa economica significativa solo nei mercati dei paesi emergenti e nei cosiddetti paesi BRIC”.

Il bilancio dell’esercizio 2011 di ILVA SPA, evidenzia una perdita netta di Euro 35.549.314, rispetto al risultato positivo di Euro 43.697.499 conseguito nel 2010.
I ricavi delle vendite sono stati pari a € 6.026.236.234 e registrano un incremento del 30,44% rispetto alla cifra del 2010, che era pari a € 4.619.903.737.  La variazione positiva è dovuta all'aumento dei volumi, ma anche dall'aumento dei prezzi medi di vendita.
I ricavi per vendite di prodotti siderurgici ammontano a circa € 6 miliardi; quelli per prestazioni sono pari a circa € 21 milioni.
I ricavi delle vendite e delle prestazioni effettuate nei confronti della controllante rappresentano lo 0,009% del totale, mentre i ricavi nei confronti di altre società del Gruppo (controllate, controllanti e consociate) rappresentano il 12,11% del totale.
Il costo delle materie prime è aumentato a € 4,7 miliardi da € 3,46 miliardi. L’incremento è stato del 36,1%.
Di conseguenza l’incremento dei costi delle materie prime è stato superiore a quello dei ricavi. Per tale motivo, il margine operativo lordo (EBITDA) è peggiorato, passando da € 120.972.748 a € 36.426.060.
Le spese per servizi sono aumentate del 14,86%, a € 878.249.551 da € 764.603.592. I costi per godimento beni di terzi sono diminuiti a € 4.714.765 da € 5.376.419.
Il costo del personale è aumentato del 7,21% da € 591.097.265 a € 634.400.463. Nel corso del 2011, il personale medio occupato è stato di 14.790 unità, di cui 11.586 a Taranto, 1.811 a Genova e le rimanenti nelle altre unità sociali. Si è registrato un decremento di 276 unità rispetto al 2010.
Alla data del 31.12.2011 il personale in forza era di 14.720 unità, di cui 14.533 assunti a tempo indeterminato (14.806 al 31.12.2010) e 187 assunti a tempo determinato (158 al 31.12.2010).
Gli ammortamenti e gli accantonamenti risultano pari a 397 milioni di euro (€ 381 milioni nel 2010).
Il risultato prima del calcolo di interessi e tasse (EBIT) è negativo per € 360.117.634, mentre nel 2010 era negativo per € 260.736.002.
Gli oneri finanziari sul fatturato sono saliti dall’1,65% all’1,99%.
Come già detto, l’esercizio 2011 si è chiuso con una perdita di 35,5 milioni di euro contro un utile di 43,7 milioni di euro registrato nel 2010.

I RAPPORTI CON IMPRESE CONTROLLANTI, CONTROLLATE, COLLEGATE E CONSOCIATE.
ILVA S.p.A. è controllata da Riva Fire S.p.A. per l’ 87,00% del capitale sociale, di cui il 61,62% detenuto in via diretta e il 25,38% in via indiretta.
Gli Amministratori hanno ribadito che i rapporti con la controllante, nonché con le altre società controllate, collegate e consociate, che riflettono operazioni e transazioni sia di natura commerciale che finanziaria, sono avvenuti a normali condizioni di mercato.
I ricavi generati con la controllante Riva Fire S.p.A. sono stati pari a 1,1 milioni di Euro.
I ricavi generati con le società controllate sono stati pari a 589,3 milioni di Euro.
I ricavi generati con le società collegate sono stati pari a 5 mila Euro.
I ricavi generati con le società consociate sono stati pari a 155,1 milioni di Euro.
I costi generati con la controllante Riva Fire S.p.A. sono stati pari a 101,6 milioni di Euro.
I costi generati con le società controllate sono stati pari a 378,2 milioni di Euro.
I costi generati con le società collegate sono stati pari a 32 mila Euro.
I costi generati con le società consociate sono stati pari a 31,6 milioni di Euro.
Il debito verso la controllante Riva Fire S.p.A. è di 1,15 miliardi di Euro, di cui € 1,1 miliardi di natura finanziaria. Il debito verso la consociata Stahlbeteiligungen Holding S.A. è di € 1.064.054.609, di cui € 1.061.429.000 di natura finanziaria.
Il credito maggiore è verso la controllata Taranto Energia Srl per € 158,6 milioni.

ANALISI DATI 2011.

Gli indici di redditività mostrano un peggioramento, ad eccezione della capacità produttiva.

La redditività del capitale proprio (ROE)
Il ROE (RETURN ON EQUITY) o anche Tasso di Rendimento dei mezzi propri è il rapporto tra risultato netto d’esercizio e mezzi propri e indica il rendimento dei mezzi propri investiti nell’attività.
Nel caso in questione peggiora da 1,82% a -1,50%.

La redditività del capitale investito (ROI).
Il ROI indica la redditività del solo capitale investito nella gestione caratteristica indipendentemente dal fatto che esso sia stato apportato a titolo di mezzi propri o di terzi. Si calcola dividendo il Reddito Operativo per il Capitale Investito. Se si ottiene un ritorno economico adeguato, vuol dire che le attività sono gestite in modo efficiente e i ricavi operativi e le spese operative risultano ben dimensionati.
Nel caso in questione la redditività del capitale investito oltre ad essere negativa, peggiora  da -7,08% del 2010 a -10,16% del 2011.

La redditività delle vendite (ROS)
Il ROS rappresenta il ricarico percentuale sulle vendite, ovvero quanto rimane dei ricavi dopo aver coperto tutti i costi operativi. Si calcola dividendo il reddito operativo per il Totale dei Ricavi.
Nel caso in questione peggiora  da -6,74% a -7,41%.

La Produttività del capitale investito.
Tale indice misura la capacità del capitale investito di produrre Ricavi. Si calcola dividendo il Totale ricavi per il Capitale Investito
Il rapporto tra ricavi operativi, e attività totali, risponde ad una semplice ma fondamentale domanda: quanto è investito e quanto si fattura?
Nel caso in questione aumenta da 0,67 a 0,81. In altre parole, nel 2011, per ogni 100 Euro di capitale investito si sono determinati ricavi delle vendite per € 81.

Anche gli indici finanziari e di solidità sono peggiorati.

Il grado di copertura dell’Attivo Fisso.
Il grado di copertura dell’Attivo Fisso indica come i mezzi propri finanzino il capitale investito immobilizzato.
Nel caso in questione l’indice peggiora da 0,64 a 0,58.

L’INDICE DI INDEBITAMENTO
Il rapporto tra patrimonio netto e il totale delle passività determina l’indice di indebitamento. Tale valore deve muoversi all’intorno di 1. Nel caso in questione, l’indice di indebitamento è pari a 0,46 e nel 2010 era pari a 0,54.

Il Quoziente di indebitamento finanziario dato dal rapporto tra Passività di finanziamento e Mezzi propri aumenta a 1,21 da 1,09, a causa del maggior ricorso all’indebitamento finanziario.

Le passività di finanziamento aumentano di 244,7 milioni di euro a 2.870 milioni di euro. Nel 2010 erano pari a 2.625 milioni di Euro.L’indebitamento bancario netto, diminuisce di 101 milioni di euro, da € 806.295.089 a € 705 milioni.

Anche gli indici di liquidità hanno registrato un leggero peggioramento.

L’indice di liquidità primaria, detto anche Quoziente di tesoreria, dato dal rapporto tra Liquidità Differite aumentate delle Disponibilità Liquide e le passività Correnti diminuisce a 0,38 da 0,41.
Infatti il Margine di tesoreria dato dalla differenza tra Liquidità Differite aumentate delle Disponibilità Liquide e le passività Correnti oltre a essere negativa peggiora a -2.3 milioni di Euro -1,9 milioni di Euro.

L’INDICE DI SOLVIBILITA’ CORRENTE
Il rapporto tra attività correnti e passività correnti determina l’indice di solvibilità corrente, detto anche Indice di liquidità secondaria, o Quoziente di disponibilità. Tale indice serve a verificare se l’attivo corrente è in grado di pagare i debiti a breve. Nel caso in questione, l’indice di solvibilità corrente è pari a 0,92, e nel 2010 era pari a 0,98. Ciò vuol dire che l’attivo a breve non sarebbe in grado di pagare i debiti a breve.
Infatti il Margine di disponibilità, dato dalla differenza tra attività Correnti e passività Correnti peggiora da -69,6 milioni di Euro a – 304 milioni di Euro.

L’INDICE DI SOLVIBILITA’ TOTALE
Il rapporto tra attività totali e debiti totali determina l’indice di solvibilità totale. Una società è solvibile quando il totale dell’attivo è superiore al totale dei suoi debiti. Quanto maggiore risulta tale indice, tanto più il club è solvibile. Nel caso in questione, l’indice di solvibilità totale è pari a 1,46, ciò vuol dire che la società possiede dei beni il cui valore è sufficiente a pagare i debiti.

L’andamento finanziario sembrerebbe confermare le valutazioni  precedenti.
Dall’esame del rendiconto finanziario emerge che l’indebitamento finanziario a breve termine iniziale si è incrementato di 170,8 milioni di Euro.
Il flusso monetario determinato dall’attività operativa è stato positivo per € 56,3 milioni.
Il flusso monetario determinato dall’attività di investimento ha assorbito € 380,5 milioni.
Il flusso monetario determinato dall’attività di finanziamento è stato positivo per € 153,4 milioni, anche grazie a nuovi finanziamenti per € 320 milioni.
Nel complesso, la situazione finanziaria netta passa da un saldo negativo di € 1,13 miliardi ad un saldo negativo di € 1.3 miliardi.

Conclusioni.

La sensazione che si ha, per il caso della privatizzazione ILVA, è che potrebbe ricondursi alla fattispecie della “privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite”.
L’eventuale nazionalizzazione con opera di risanamento ambientale, di cui si discute ultimamente, sta a significare semplicemente che il miliardo investito nel settore ambiente non è stato sufficiente e che ora tocca allo Stato intervenire di nuovo.
Il 1° gennaio 2013 ha iniziato ad operare giuridicamente il Riva Forni Elettrici S.p.A. nata dalla scissione parziale di Riva Fire S.p.A..
Nel bilancio consolidato 2013 di Riva Forni Elettrici S.p.A., tra i rischi legati alla scissione, si legge che pur essendo le società Riva Forni Elettrici S.p.A. e Riva Fire S.p.A. due entità totalmente distinte sotto il profilo funzionale, tecnico operativo e giuridico, vengono in parte accomunate dalle vicende giudiziarie inerenti ILVA S.p.A., poiché Riva Forni Elettrici, in quanto beneficiaria della scissione, è stata coinvolta nel procedimento penale.

Riva Forni Elettrici, nei limiti del patrimonio ad essa assegnato, è responsabile in via sussidiaria dei debiti della società scissa, antecedenti la scissione.

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